lunedì 26 ottobre 2009

Otto gennaio: preambolo

Sul treno, la sera della partenza da Mosca per Irkutsk, sono pensieroso.
La stanchezza rende i pensieri più cupi, e io lo so che è solo colpa della stanchezza, cerco di convincerne il mio inconscio, ma non riesco ad allontanare la delusione.

Mi sento come se avessi sprecato del tempo. A Mosca abbiamo avuto solo due giorni e tre notti e abbiamo passato troppo tempo seduti per bar e locali, o nell’ostello.
La cosa ci sta, gli altri erano avvelenati, ma quello che veramente mi preoccupa è Olof. Ci frena, rallenta l’andatura, ci impone soste fastidiosamente frequenti, nei posti sbagliati, cerca la vita di casa sua.
Ci dice “ragazzi, la vacanza è fatta anche per rilassarsi". Non gli rispondo che se avessi voluto rilassarmi sarei andato al mare, ma trattenermi mi costa energia.

Tomas mi aveva avvertito un mese prima, dopo averlo reclutato. “Non so, l’anno scorso è venuto con noi al Nord, a vedere il sole di mezzanotte, ha portato delle scarpe di pezza che dopo dieci minuti erano inservibili. Quando eravamo in cammino era sempre cento metri indietro e a me toccava fare la spola fra lui e il resto del gruppo".

Olof ci racconta candidamente di essere stato ad un festival musicale ed aver visto due concerti in tre giorni, perdendosi il suo gruppo preferito perché era troppo stanco.

Sembra uno così, si butta nelle avventure per eliminare ogni carattere avventuroso, come uno che fa i 3000 metri siepi girando attorno agli ostacoli, o che si compra un cavallo, ma non si fida a cavalcarlo e lo tiene nella stalla, non si sa se per la gioia di guardarlo o per mostrarlo agli altri.

Olof si unisce un mese prima della partenza, mentre stiamo cercando qualcuno che parli russo. Olof non parla russo, ma l’anno scorso è stato a Pechino ed è rimasto affascinato. Ci è rimasto due giorni e dice che due giorni bastano, ma ci torna comunque volentieri.

Olof però è garbato, gentile, generoso, sempre tranquillo. Quando ha un'idea, cerca di fartela intuire prima di esporla. È l’elemento estraneo del gruppo e lo sa, lo ammette senza dirlo e il più delle volte lascia che siamo noi a decidere. Ci rallenta, ma ci frena anche dalla smania di fare tutto e niente. Col passare dei giorni si lascia coinvolgere sempre di più e non si lamenta mai se non si fa quello che vuole lui. Olof diventa subito Oleg, perché per pronunciare il suo nome servono una calma e una pazienza che solo lui ha. La O è una U lunghissima, che si ferma con una pausa, prima dello schiocco del "lof".

Olof ci salva la vacanza. Se l’ambasciata russa a Stoccolma non gli avesse imposto di presentare un itinerario e i biglietti, se non avessimo speso tutte quelle corone prima di partire, e fossimo andati all’avventura, come Tomas e io volevamo fare, probabilmente avremmo perso troppo tempo inseguendo biglietti, saremmo rimasti in scompartimenti separati e non avremmo potuto fermarci abbastanza in Mongolia o peggio, avremmo rischiato di perdere l’aereo.

Ma quella sera sono pensieroso, perché vedo in pericolo i piani di un anno, tutte le mie letture, gli studi, la preparazione.

È il 30 novembre dell’anno scorso quando Tomas viene a trovarmi ad Amsterdam.

Tomas e io ci conosciamo da sette anni. Ci siamo trovati in Erasmus, a Colonia, abbiamo cominciato a parlare una sera in un locale sulla Luxemburgerstraße e abbiamo capito subito di avere molto da raccontarci.

Tomas e io uniti siamo un generatore di idee inutili ma divertenti, come quando ci siamo presi una giornata intera per percorrere l’intero percorso della metropolitana terrestre di Colonia, muniti di due fusti di birra (Harald e Karl-Heinz), più come decorazione che con mire alcoliche e manifesti inneggianti all'impresa, coinvolgendo una quindicina di altri studenti.

In quei tre mesi prima che lui tornasse a casa non abbiamo avuto modo di frequentarci spesso, ma dopo l’Erasmus siamo riusciti a trovarci sempre un paio di volte all’anno, quasi sempre in luoghi diversi. È venuto in visita apostolica in tutte le tappe del pellegrinaggio dei miei studi, mentre io sono stato da lui in Svezia per un mese, prima a casa sua in un paese perso fra i boschi, poi mi ha accompagnato a Stoccolma, dove ho conosciuto Olof e ho dormito per una notte a casa sua, poi siamo saliti sulla sua Volvo cadente diretti verso la sua casa sul lago Vättern, per terminare nel suo appartamento di studente a Göteborg. Mi ha presentato alla sua nonna ricca e poco amata, ho scoperto più tardi, per disturbarla, passandomi tacitamente per il suo ragazzo.

Cafè Amsterdam, Ulan Bator

Il 30 novembre arriva ad Amsterdam in treno, dopo un mese in viaggio, traducendo al computer durante il viaggio per mantenere se stesso e le sue idee. Viene da un giro dell’Europa in treno, dalla Svezia alla Slovacchia per trovare sua sorella che studia Medicina in un paesino, a Roma da Nicola, alla stazione di Prato ha avuto 30 secondi per fare ciao ad Ilaria e Margherita, poi un pomeriggio a Parigi, Bruxelles e infine Amsterdam.

Quella sera usciamo a vedere un concerto, poi giriamo per i bar attorno a Leidseplein, beviamo birra belga, ma neanche troppo. Di sicuro è più l’euforia che l’alcol a portarci a pianificare il prossimo incontro. Escono nomi sparsi, Camerun, Patagonia, ma Tomas è entusiasta dell’idea del viaggio in treno. Nomina la Transiberiana e mi chiedo come ho fatto a non pensarci prima.

La risposta è semplice: ci ho pensato, ma non ho mai preso l’idea sul serio. Sembrava una cosa troppo grande, complicata, forse pericolosa.
Era una di quelle cose che si sognano, ma non si fanno mai. Ci si pensa, è bello sapere che è possibile, è un’ottima scappatoia per un giorno nel quale dovremo fuggire da qualcosa. È utile e dilettevole porsi un traguardo irraggiungibile. E poi, pensandoci bene, Novosibirsk e Ulan Bator non si sa nemmeno se esistano davvero.

Ma Tomas non è un sognatore e quando propone di fare qualcosa, lo intende davvero.

Chinatown, Amsterdam

A inizio gennaio, la depressione del periodo grigio dell’anno mi impone di fare programmi. Cerco voli a basso prezzo per l’Africa. Il 5 gennaio contatto Tomas con un paio di idee, ma lui ha già tutto programmato. Austrian Airlines, Amsterdam – Mosca, Pechino – Amsterdam. Il giorno dopo in ufficio non ho lavoro, lo contatto su Skype e compriamo i biglietti dal 29 agosto al 19 settembre, il massimo delle ferie che posso permettermi dal lavoro.

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