sabato 12 marzo 2011

C’è grande allegria sul minibus che a Jizzax fa da taxi collettivo fra l’autostazione e il mercato, da dove parte chi vuole condividere il suo mezzo sulla via per Tashkent.

È l’allegria delle situazioni estreme. Più di dieci persone incastrate in un furgoncino stampato in un cubo di Rubik di veicoli, che provengono da tutte le direzioni e cercano la combinazione giusta per uscire da un’enorme spianata asfaltata e raggiungere le vie laterali.

Sui sedili imbottiti di gommapiuma ci sentiamo tutti complici nella sventura e non c’è nulla da fare, meglio pensare ad altro o aiutarsi a vicenda a farlo. Prima o poi ne usciremo e ci ricorderemo degli altri protagonisti della stessa storia, che ognuno di noi racconterà in modo diverso a persone diverse in luoghi diversi.

Anche qui gli unici stranieri sono ospiti d’onore e fuoco dell'attenzione. Ormai abbiamo affinato la tecnica per spiegare le cose importanti su di noi in russo a collage. Italya, Fransia, viviamo Gollandia, rabota perevodnischi, no, non sposati (gesto dell’anello con dito che nega), ma insieme lo stesso. Si sentono orgogliosi perché abbiamo scelto il loro paese fra tanti, e al contempo si vergognano per il traffico, ma risolvono l’imbarazzo detonando risate a pieno ventre. Così è, meglio adattarsi. La maggior parte di loro è in città per affari, o per visitare il mercato. Non è un caso che mentre i servizi di linea partono da una stazione apposita, i taxi collettivi aspettano sempre davanti al mercato principale. Il megastore dei poveri.

Il taxi che troviamo noi si riempie in pochi minuti, non è un problema trovare altre persone dirette verso la capitale. Sul sedile posteriore, con me e Lilù, siede un ragazzo che parla un po’ di inglese. Dice che lavora a Tashkent, è un pittore. Ci mostra le fotografie delle sue opere sul telefonino, sono dipinti appena stilizzati, in stile naif, con tematiche storiche locali: Tamerlano e le sue fortezze, nobili e mercanti medievali. Nella periferia di Jizzax chiede all’autista di fermarsi lungo la strada. Dice che vuol farci assaggiare i migliori somsa della zona e ci accompagna verso un banco di cemento con fori circolari del diametro di circa 40 centimetri. I fori si aprono su cavità rotonde, le cui pareti sono completamente coperte di pagnotte incollate al cemento a cuocere. Sono i somsa e non sono pagnotte, ma croste di pane sottili e croccanti, che se premute si spezzano per rilasciare l’aroma di verdure cotte e carne grassa di capra. Un’endovena di sostanze nutritive che costringe il nostro organismo ad investire tutte le risorse nella digestione e abbandonare gli organi non coinvolti nelle braccia del sonno. Mi sveglio solo perché ci tengo a vedere il tratto di strada che attraversa il territorio cazaco, pur senza passare per frontiere. Nei confini artificiali dell’Asia centrale, disegnati secondo motivi etnici e non geografici, in questo punto l’Uzbekistan era troppo stretto e non c’era posto per una strada, così per arrivare alla capitale è necessario passare in territorio straniero.

Osservo giusto per curiosità, perché non ci sono grandi differenze rispetto all’Uzbekistan. L’unica è una ragazza alta, di un biondo giallo che non vedevamo da settimane, che costeggia la strada in bicicletta con addosso un top corto e aderente. In effetti in Uzbekistan tutti parlano russo, ma nessuno ha tratti somatici europei. In Cazachistan invece pare che la minoranza russa sia molto più consistente.

Per il resto solo carri e qualche trattore Belarus a tre ruote. I compagni di viaggio ci risvegliano ancora per indicarci il Syr Darya, che segna l’inizio della regione della capitale.

E dopo i villaggi di Nurata, Tashkent sembra enorme, o meglio lo è, una delle città più grandi dell’Unione sovietica, la maggiore fra quelle al di fuori del suolo russo.

Questa volta evitiamo il centro e troviamo una pensione nella zona del Chorsu, l'enorme mercato generale, che straborda da una cupola bianca e verde sovietico, che da lontano sembra un disco volante.

L’idea è quella di passare le ultime due giornate a vagare, fra il mercato e il centro, e riportarsi in pari con i risultati delle partite dei mondiali.

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